L’incontinenza urinaria è una condizione caratterizzata dalla perdita involontaria di urina dall’uretra. Si tratta di una situazione di estremo disagio, soprattutto dal punto di vista sociale e relazionale, che colpisce in prevalenza le donne. Si tratta di una patologia definita “silenziosa” perché in genere se ne parla poco anche con il proprio medico, spesso per vergogna o pudore.
D’incontinenza urinaria non si muore ma certo la qualità della vita ne è profondamente condizionata. Molte donne tendono a “rimuovere” il problema, per poca informazione, per ragioni di pudore e imbarazzo o giudicandolo un inevitabile effetto collaterale dell’invecchiamento. L’incontinenza invece può e deve essere prevenuta, contrastata e curata
Si calcola che interessi il 30-40% delle donne dopo i 40 anni, con una prevalenza correlata all’età. Si tratta di una condizione fortemente sottostimata per la frequente reticenza delle pazienti a parlarne con il proprio medico, per cui i dati disponibili risultano imprecisi.
Che cos’è l’incontinenza urinaria?
L’incontinenza urinaria è una disfunzione che si può manifestare in molte forme:
L’International Continence Society la classifica in tre categorie:
Incontinenza da sforzo è la perdita involontaria di urina dopo aumenti improvvisi della pressione addominale, come nel caso di tosse, riso, starnuti, corsa o sollevamento di pesi, anche modesti, è la tipologia più comune (24-75% dei casi di incontinenza femminile) . Questa è dovuta all’indebolimento o rottura del legamento pubo-uretrale che quando funziona correttamente arresta il movimento di discesa a rotazione verso il basso dell’uretra, che si manifesta sotto sforzo, se invece il legamento è lasso, causa la fuoriuscita dell’urina anche quando la vescica non è piena. Il deficit del legamento, in genere, è secondario ad un trauma da parto e peggiora con l’invecchiamento dei tessuti
Incontinenza da urgenza: è la perdita involontaria di urina accompagnata o immediatamente preceduta da un’impellente necessità di mingere. Si tratta di una improvvisa esigenza di urinare, determinata da una contrazione imprevista ed incontrollabile della vescica che rende impossibile trattenere lo stimolo. Questa condizione può verificarsi anche di notte. La sua caratteristica è quella di manifestarsi con una urgenza tale di urinare da non consentire di raggiungere in tempo il bagno. La causa risiede principalmente in una anomalia della innervazione della vescica, che emette un segnale errato di svuotamento. L’incontinenza da urgenza riguarda soprattutto le donne anziane”.
Incontinenza da rigurgito o ostruttiva (o iscuria paradossa): si caratterizza per il riempimento della vescica, anche in eccesso, ma nella difficoltà a svuotarlo completamente durante la minzione.
Vengono distinti quattro gradi di gravità del disturbo:
minima, quando la donna incontinente non fa uso di pannolini e le sue attività sociali non risultano compromesse,
modesta, quando il ricorso ai vari dispositivi di protezione è saltuario, ma i rapporti sociali e lavorativi non sono sostanzialmente compromessi,
discreta, allorché l’impiego delle misure protettive è praticamente costante e le occasioni d’incontro con gli altri cominciano a diventare problematiche,
grave, quando pannolini o pannoloni sono una compagnia costante, le attività sociali e lavorative subiscono pesanti restrizioni e diventa necessario ricorrere all’aiuto di altre persone.
Quali sono le cause dell’incontinenza urinaria ?
Diverse sono le cause di incontinenza e le condizioni che la favoriscono:
parto vaginale: durante l’espulsione del bambino, i muscoli che circondano l’uretra e lo sfintere possono sfiancarsi perdendo tono e forza contrattile; il parto può provocare inoltre stiramento e compressione di alcuni nervi, causando danni funzionali non sempre completamente recuperabili;
traumi del perineo e operazioni chirurgiche: possono lesionare i muscoli del pavimento pelvico o dello sfintere uretrale;
stitichezza: la distensione dei muscoli del pavimento pelvico, indotta dallo sforzo per la defecazione, contribuisce a indebolire i muscoli;
obesità: il peso in eccesso grava sul pavimento pelvico, ostacolandone un buon funzionamento;
infezioni urinarie: possono irritare la vescica e provocare contrazioni involontarie della muscolatura della vescica;
menopausa: con la riduzione degli estrogeni, i muscoli che circondano uretra e vescica perdono tono e diminuisce l’effetto sigillante della mucosa, lo strato più interno che chiude il condotto uretrale;
fattori neurologici: Parkinson, l’Alzheimer, l’ictus, lesioni o danni al sistema nervoso causati da diabete, sclerosi multipla o lesioni del midollo spinale.
fumo: concorre alla perdita di tonicità dei muscoli del perineo e predispone alle bronchiti e alla tosse, che aggravano l’incontinenza da sforzo;
consumo eccessivo di tè e caffè: le sostanze con effetto diuretico aumentano la quantità di urina nella vescica incrementando così la pressione contro lo sfintere uretrale;
sport: aumenta, con lo sforzo dei muscoli addominali, la pressione su vescica e uretra.
Esistono degli esami specifici per valutare l’incontinenza urinaria?
A seconda della natura dell’incontinenza si avrà un approccio differente. E’ compito del medico accertare che ci si trovi di fronte ad una incontinenza cosiddetta “non complicata” cioè non secondaria ad altre patologie di cui essa rappresenti solo un sintomo. Il primo approccio in questo caso è senz’altro poco invasivo, si procede cioè ad una visita, ad un esame delle urine per escludere infezioni del basso tratto urinario, alla valutazione del residuo vescicale dopo la minzione ed alla tenuta di un diario minzionale (esami di primo livello). Su queste basi è possibile definire una “diagnosi di presunzione” ed instaurare una terapia riabilitativa e/o farmacologica. In caso di inefficacia di tale approccio conservativo si provvederà ad eseguire esami di secondo livello, tra cui lo studio urodinamico, un esame indolore che consente di valutare il funzionamento del sistema vescico-uretrale per una diagnosi più accurata sulla base della quale eventualmente porre anche indicazioni chirurgiche.
Quale terapia?
Terapia farmacologica
La farmacoterapia in uroginecologia è molto variegata e complessa.
Nel caso di vescica iperattiva e incontinenza da urgenza, si usano principalmente gli anticolinergici (antimuscarinici). Questi farmaci agiscono inibendo i recettori muscarinici presenti nel muscolo detrusore, che mediano l’attività contrattile della vescica. Poiché i recettori muscarinici sono ampiamente distribuiti nell’organismo, i farmaci anticolinergici non risultano selettivi per la vescica, ma agiscono anche su altri organi, non sono rari quindi effetti collaterali come problemi alla vista, tachicardia, nausea, stipsi, ecc.
Attualmente è disponibile un’ampia gamma di anticolinergici. L’ossibutinina a rilascio immediato dovrebbe essere il trattamento di prima scelta nelle pazienti con sindrome della vescica iperattiva e con incontinenza urinaria mista. Se la terapia è mal tollerata, si consigliano le alternative (indistintamente tolterodina L-tartrato, solifenacina succinato e trospio cloruro, che presentano minori effetti collaterali rispetto all’ossibutinina, e fesoterodina fumarato, di recentissima introduzione).
Nell’incontinenza da sforzo si usa la duloxetina cloridrato, che agisce sui neurotrasmettitori del cervello noradrenalina e serotonina, potenziando l’attività dello sfintere uretrale esterno e aumentando la capacità vescicale. Essendo gravata da pesanti effetti collaterali, la duloxetina viene considerata terapia di seconda scelta, da intraprendere nei casi in cui le pazienti preferiscano l’approccio farmacologico o non possano essere sottoposte all’intervento chirurgico.
Le terapie fisiche
Le terapie fisiche sono un insieme di tecniche di tipo conservativo e riabilitativo, che consentono alla paziente di prendere coscienza del pavimento pelvico e dei muscoli che lo costituiscono, imparando a usarli in modo corretto per correggere l’incontinenza.
Il pavimento pelvico – per la precisione – è quella struttura muscolo-fasciale che chiude in basso la cavità addomino-pelvica, circondando e sostenendo l’uretra, la vescica, la vagina fino all’apparato ano-rettale.
Quando si parla di riabilitazione ci si riferisce ad un approccio essenzialmente “conservativo” al problema. Approccio che spesso evita o integra eventuali interventi di tipo chirurgico o farmacologico.
Sono di due tipi:
Riabilitazione del pavimento pelvico: biofeedback (BFB), fisiochinesiterapia pelvi-perineale (FKT), elettrostimolazione (SEF), coni vaginali.
La tecnica di BFB impiega una sonda vaginale collegata a un monitor, sul quale viene riprodotto graficamente il lavoro muscolare della paziente. Permette di rinforzare la funzione di sostegno dei muscoli pelvici e dei muscoli sfinterici grazie a un migliore utilizzo del muscolo elevatore dell’ano.
L’ FKT consente di eseguire una serie di esercizi mirati a incrementare la forza dei muscoli del pavimento pelvico con alternanza di contrazioni e rilasciamenti muscolari a livello vaginale a intervalli regolari, fino a creare l’automatizzazione durante le attività quotidiane. Questa metodica è utile preventivamente nel post-partum, prima e dopo interventi di chirurgia pelvica e in caso di ipovalidità del muscolo elevatore dell’ano.
La SEF è una stimolazione passiva, effettuata mediante correnti elettriche bifasiche erogate tramite elettrodi posizionati su sonde vaginali e anali. È una metodica atta a produrre meccanismi riflessi di tipo propriocettivo e muscolo-cutaneo che possono avere un effetto sulla riorganizzazione dei sistemi neuronali che controllano la continenza e la minzione.
I coni vaginali di Kegel sono dei coni di peso crescente che devono essere trattenuti in vagina passando, mano a mano, dal più leggero al più pesante. Rappresentano una forma alternativa di trattamento riabilitativo che, oltre a garantire un rinforzo muscolare del pavimento pelvico, permette di effettuare una valutazione iniziale del grado di incontinenza.
Tecniche conservative di nuova generazione: stimolazione del nervo tibiale posteriore, magnetoterapia del pavimento pelvico e stimolazione elettromagnetica extracorporea.
Come prevenire l’incontinenza urinaria?
La prevenzione dell’incontinenza nelle sue varie forme è difficile. Le raccomandazioni sono quelle di mantenere uno stile di vita sano, con un’attività fisica regolare e moderata, un’alimentazione equilibrata povera di grassi e ricca di frutta, verdura e fibre.
un più attento controllo del consumo di liquidi: la dose giusta è circa un litro e mezzo/due al giorno; un’assunzione di liquidi troppo abbondante costringe la vescica a un superlavoro, accentuando il problema, mentre un’assunzione troppo scarsa rende l’urina più concentrata di sostanze che possono favorire irritazione della vescica e cistiti,
la perdita di peso: i chili di troppo “pesano” sul pavimento pelvico e lo indeboliscono,
l’abolizione o riduzione di caffè, tè e sigarette: le fumatrici parrebbero più esposte ai problemi di debolezza pelvica; le bronchiti ricorrenti, inoltre, provocano e aggravano i disturbi,
la lotta all’intestino pigro: è bene combattere l’eventuale stitichezza, che costituisce uno stress cronico per le strutture pelviche e anche per i nervi annessi; via libera, dunque, a una dieta ricca di fibre (fonti più comuni sono i cereali integrali, la crusca, la frutta e le verdure) da associare a un’adeguata attività fisica e a un’assunzione di liquidi appropriata;
la rieducazione della vescica: è una tecnica per modificare il comportamento della vescica, tramite regole precise e uno schema orario delle minzioni; il programma aumenterà gradualmente l’intervallo di tempo tra due minzioni successive abituando la vescica a tenere di più.
Prevenzione in gravidanza
Ugualmente la necessità per le future mamme di preparare adeguatamente (con semplici esercizi e trattamenti) il proprio perineo durante la gravidanza, affidandosi all’esperienza di professionisti qualificati.